Al crepuscolo, vm18, AU, God Child (Jezebel x Cain)

« Older   Newer »
  Share  
_-Liris-_
icon12  view post Posted on 28/12/2007, 11:10




Che titolo ç______ç non me ne veniva in mente uno >_______<
Dunque: questa è la mia prima fanfiction a capitoli su God Child. Sto esperimentando una Jezebel x Cain ai giorni nostri (AU). Spero di non essere andata troppo OOC >___< metto spesso questo avviso perché ancora devo imparare a conoscere questi pg a confronto di altri ^^
Che dire… leggete e fatemi sapere che ve ne pare ^-^

****



Era gia tramontato il sole, l'aria era fresca perché resa umida dalla pioggia caduta quel pomeriggio.
Tutt’intorno le foglie bagnate e gocciolanti erano smosse dal vento…
C’erano tanti alberi stagliati tra l’ebra corta delle aiuole e la ghiaia. Vicino ad uno di essi si trovava il cancello di ferro verde che era l’ingresso del parco giochi dei bambini.
Il cielo era nuvolo, ma nonostante ciò si potevano notare le sfumature che lo tingevano nelle tonalità violacee del crepuscolo.

‘Che freddo.’

Pensò. Era seduto sulla base umida delle altalene, con la schiena poggiata alla struttura in legno e una borsa verde semivuota accanto a se. Il suo stomaco borbottò ma il ragazzo non ci fece caso, anzi, sembrava veramente perso nei suoi pensieri… si lasciò andare, volgendo lo sguardo verso il cielo e poggiando la testa sul legno della struttura che sosteneva la sua schiena. Era umido, e i suoi capelli non facevano altro che bagnarsi ancora di più.

‘Non ho fame…’

Si disse convinto. Non aveva toccato cibo da pranzo –quando a scuola aveva mangiato un panino al volo preso da una macchinetta-, poi –come al solito- aveva avuto un litigio con il padre.

‘Sempre per cose stupide.’

Nel guardare le nubi dalle sfumature magnetiche scontrò con lo sguardo le foglie ondeggianti e gocciolanti della folta chioma dell’albero alle sue spalle.

‘Ma non tornerò!’

Lo sguardo fermo e deciso fissava i riflessi violacei dell’arrivo della sera. Spostò lo sguardo sul suo orologio da polso. 19:40.
Il suo stomaco borbottò di nuovo per far capire che forse… era ora di mettere qualcosa sotto i denti.
A quel punto, il ragazzo da capelli come la pece si alzò dal suolo bagnato e si sedette sull’altalena gocciolante. Diede un’ultima occhiata al borsone che aveva lasciato la vicino e poi prese a dondolarsi.
Il vento sulla faccia a far volare via i pensieri, i ricordi…


“Non tornare più!”




‘Non torno. Sta tranquillo…’

Rallentò l’andatura, preso dallo sconforto che gli provocavano quelle maledette parole. La freddezza con la quale erano fuoriuscite dalla bocca di quell’uomo e lo sguardo glaciale che aveva tirato verso il figlio.
Tristezza?! Si poteva definire tale?
Quasi si fermò, arrivò fino a toccare il terreno con la suola delle scarpe e a dondolarsi lentamente seguendo l’andatura dei suoi pensieri.
Chinò leggermente la testa. Aveva lo sguardo assente, perso sul tessuto delle sue scarpe e sulla pedana bordoux sulla quale era montata la struttura dell’altalena. Improvvisamente sentì una voce.

“Non sei un po’ troppo grande per stare là sopra?!”

Era una voce lenta e glaciale, tagliente come la lama del coltello più affilato. Una voce chiara e limpida come quelle che cantano nelle chiese. Era così angelica… ma così terribilmente ironica e maliziosa.
Il ragazzo sull’altalena rinserrò la presa sulle catene e si lasciò andare indietro per vedere lo sconosciuto alle sue spalle. Era poco distante da li, sulla ghiaia accanto al cancello verde che era stato aperto proprio da lui. Indossava un impermeabile nero, lungo fino a metà polpaccio e una sciarpa bianco latte. Quest’ultima, quasi si confondeva con la sua candida ed eterea pelle, il volto dai lineamenti femminei era incorniciato da una fluente chioma biondo cenere. Una figura davvero ultraterrena… se si considerano anche i suoi occhi. Viola. Come le sfumature più chiare del crepuscolo. Due fessure aperte sul cielo pomeridiano.
Non appena il ragazzo dai capelli come la pece lasciò indietro la testa la sua frangia ricadde lateralmente a mostrare in tutto il suo splendore una coppia di occhi felini dalle sfumature verdine e grigiastre. E là, in quegli occhi ammaliatori dal taglio sensuale, i potevano ammirare diabolici riflessi dorati.
L’uomo li guardava ammaliato, senza riuscire a dire niente. I loro sguardi non si staccarono, finché il più piccolo decise di ritornare nella consona posizione e voltarsi verso quell’individuo.
Dal cielo cominciarono a cadere nuove e piccole gocce d’acqua piovana…
Silenzio.
Solo il leggero e ritmico ticchettio della pioggia sulle foglie e sulla ghiaia.
I capelli del ragazzo dagli occhi dorati divennero umidi abbastanza da attaccarsi al suo volto. Sogghignò. Era una provocazione verso quel’individuo impiccione che lo aveva distolto dai suoi pensieri.
Proprio lui –si, quell’uomo alto e dai lineamenti femminei- si staccò dalla rete facendo seguire solo un piccolo rumore metallico e si avvicinò al più giovane.
Cain. Questo era il nome del ragazzo dagli occhi che un tempo sarebbero stati definiti eretici.
Beh, lui tentò di alzarsi dall’altalena, ma lo sconosciuto bloccò le sue intenzioni stringendo con forza una catena poco più in alto della mano del ragazzo.

“E’ un po’ tardi… come mai non sei a casa per cena?!”

Sogghignò avvicinandosi al volto del più piccolo.
La pioggia si stava infittendo e i capelli di Cain erano ormai bagnati fradici, tant’è vero che grondavano acqua quasi come le foglie ingiallite degli alberi del parco.
L’uomo dai capelli biondo cenere si scostò ed aprì l’ombrello.
Guardava il ragazzo seduto davanti a se con aria divertita e un leggero ghigno sotto lo sguardo inespressivo.
I capelli della pece ricadevano disordinati sul volto del ragazzo ancora seduto, questo portò una mano alla frangia e li scansò di scatto senza ottenere però risultati concreti. Difatti i capelli ricaddero nella posizione precedente –con ‘leggera’ disapprovazione del proprietario-.

“Hai freddo?”

Il ragazzo annuì debolmente sotto lo sguardo divertito dell’altro più grande. Non c’era da stupirsi se provocava in lui una certa ilarità, difatti ai suoi occhi sembrava come un pulcino smarrito e bagnato dalla pioggia battente.
Rise inconsciamente e si portò subito una mano alla bocca per bloccare quella reazione.

“Che ti ridi!!”

Cain lo fissò irritato sbottando in piedi di botto.

“Sei veramente buffo… sembri davvero un pulcino bagnato.”

Ammise con aria maliziosa il più grande.

“Sai… pensavo che fossi muto. Ma a quanto pare mi sbagliavo.”

“Gia. Ti sbagliavi!”

Rispose Cain con leggera irritazione. Il suo stomaco borbottò proprio in quel momento rendendo la scena non più tanto seria.

“Hai fame a quanto vedo.”

Cain annuì ma…

“Non sono affari tuoi questi!”

“Ti va di cenare?!”

‘Che domande… ovvio che mi va! Ma che diamine faccio?! Nemmeno lo conosco a questo qua!!’

“Si.”

Rispose in fine.


****




Le macchine sfrecciavano accanto a loro, tutt’intorno potevano già vedersi le luci accese dei lampioni e il cielo scuro della sera.
Aveva accettato senza motivo l’invito dello sconosciuto. Si erano presentati e avevano parlato del più e del meno. La prima domanda alla quale Cain dovette rispondere fu ‘Cosa ci facevi li da solo?’. Era stato invadente?!

‘Mah… credo che sia il minimo domandare una cosa del genere a un ragazzo che sto portando a cenare a casa mia!’

Pensò mentre imboccava l’uscita dall’autostrada.

‘Ma se abita così lontano come mai era nei pressi del parco?’

Si domandò il ragazzo dalle iridi feline.
Non passò molto che arrivarono in un piccolo centro abitato. Era un quartiere poco popolato ma abbastanza accogliente. L’aria si era fatta più pungente ed entrava dal finestrino sferzando il volto del guidatore… e lui, non sembrava risentirne affatto.

“Siamo arrivati.”

Disse tirando il freno a mano e inserendo il blocco ai pedali.
Il ragazzo dai capelli come la pece strabuzzò gli occhi. Il posto deve stavano andando era lontano, certo -di sicuro non si sarebbe ricordato la strada in un ipotetico caso di emergenza-, ma stranamente l’arco di tempo passato in compagnia dello sconosciuto risultava davvero poco… scorreva veloce.
Lo vide aprire la portiera e scivolare via fuori dal veicolo. Rimase imbambolato come uno stupido finché non sentì un vento gelido sferzargli addosso sui vestiti bagnati. Raggelò voltandosi verso la fonte di quella sensazione così brutta. La portiera era stata aperta e qualcuno picchiettava le dita impazientemente sul tettuccio dell’auto.

“Vuoi rimanerci là dentro?! Hai intenzione di metterci le radici?!”

Fece ironico il giovane dai lunghi capelli biondo cenere. Questi svolazzavano sulle sue spalle sospinti d a una fredda brezza tipica dei luoghi fuori la città. Jezebel, così si chiamava quel tale. Proprio lui, l’uomo dalle iridi del crepuscolo che lo fissava impaziente mentre ticchettava con le lunghe dita affusolate sul tettuccio.
Cain i mosse a scendere dalla macchina prendendo il borsone che aveva lasciato sui sedili anteriori.
Fortunatamente la pioggia aveva smesso di cadere… solo che al suo posto adesso si trovava a fronteggiar un gelido vento che gli avrebbe di sicuro fatto prendere un malano.

“Senti… da quanto ho capito in quella borsa ci sono dei vestiti.”

Cain annuì senza staccare gli occhi da Jezebel che schiacciava un tasto su un piccolo telecomando-portachiavi e metteva l’antifurto.

“Beh, se vuoi possiamo passare a casa mia così ti cambi. Eventualmente ti posso far visitare questo posto.”

Isabel guardò il ragazzo che aveva accanto. Teneva la fascia del borsone sulla spalla destra e le braccia conserte a circondargli il corpo per tenersi caldo.

‘Mannaggia a lui!! Se non mi avesse detto di andarmene seduta stante avrei avuto il tempo di prendere un ombrello e un cappotto!’

Pensò il più giovane con amarezza fermandosi a fissare il suolo asfaltato. Anche il biondino si fermò, e si mise a guardarlo ironico.

“Ehi?! Che fai non rispondi?! Come devo interpretare il tuo silenzio? Forse dovrei dedurre che non hai freddo? Oppure devo dare retta a ciò che vedo?”

“Grazie… ma non disturbo?”

“Non è un po’ tardi per una domanda del genere?”

“Come mai rispondi ad una domanda con un’altra domanda?”

“Non è forse quello che fai anche tu?!”

Stop. Lo scontro era finito e il ragazzo dalle iridi dorate seguiva lo sconosciuto di nome Jezebel verso casa sua.

‘Gia, aveva ragione lui.’

Pensò sospirando con un leggero sorriso sulle labbra.

‘E’ troppo tardi per cominciare a porre domande…’

****



Evitate i pomodori marci please >________<
Se qualcuno ha avuto il fegato di arrivare fin qui (APPLAUSO) avrei piacere di sentire la sua opinione su questo capitolo ^^

Grazie!
 
Top
nekochan82
view post Posted on 28/12/2007, 11:17




come ti ho già detto tramite altri metodi della rete...fantastico!!!! XD
 
Top
°Angelrose°
view post Posted on 29/12/2007, 18:36




billo billo *.*

ma che pomodori *aplaude *

aspeto impaziente il seguito ;)
 
Top
_-Liris-_
view post Posted on 10/1/2008, 11:54




Ma grazie >////<

________________________________

Non ci volle molto a raggiungere la casa dell’uomo dai capelli biondo cenere. Dovettero solamente attraversare la strada –che era deserta. E Cain non capiva perché avessero atteso che il segnale diventasse verde- e dirigersi vero il secondo portone di uno stabile grigio.

“A che piano abiti?”

Domandò Cain guardando il basso edificio a cinque piani –la metà di quelli cittadini-.

“Decidi tu.”

“Eh?!”

“Scegli il piano in quale vuoi cenare.”

Disse con pazienza il biondino tirando fuori dalla tasca un grande mazzo di chiavi ed infilandone una nella toppa del portone dorato.

“E’ tutto tuo questo palazzo?”

Domandò interdetto. Certo, anche lui e suo padre non erano poveri –anzi-. Difatti Cain viveva –solo poche ore prima- in una villa a tre piani con tanto di giardino, ghiaia, garage, aiuole fiorite, gazebo e sala hobby. Non doveva stupirsi per un solo palazzotto sperduto chissà dove, eppure, conoscere una persona che ne possiede uno fa davvero effetto.
Il portone si aprì e in quel momento Jezebel fece cenno di si con la testa.

‘Wow…’

Se esternamente poteva sembrare un volgare palazzotto in cemento armato, all’interno assomigliava alla più lussuosa villa mai vista!
L’ingresso era arredato come un corridoio dell’Ottocento, pieno di candelabri e mobili d’epoca. Al centro un lungo tappeto che conduceva alle scale.

“Spiacente… l’ascensorista arriva domani mattina. Per adesso dobbiamo farci i piani a piedi, si è rotto sta mane.”

“Non c’è problema.”

****



Avevano scelto il secondo piano. Questo non era arredato per niente male –sicuramente come i restanti- e riprendeva lo stile dell’ingresso.
Non c’erano porte blindate a dividere gli appartamenti -due per piano- ed essi fungevano da grandi stanze.
Cain era andato a cambiarsi nella camera (L’appartamento. Ma sembrerebbe troppo strano continuare a ripeterlo no?! NdIta rb) adiacente ed era da poco tornato lasciando la borsa e i vestiti bagnati di là. Quest’ultimi su un termosifone nascosto dietro le grandi tende -che gli aveva mostrato Jezebel-.

“Non torni a casa sta sera?”

“No.”

La sua voce era un po’ cupa mentre rispondeva.

“Beh… a questo punto puoi rimanere a casa mia.”

“Davvero?!”

Cain era stupito da tanta ospitalità. Infondo non era altro che uno sconosciuto bagnato fradicio trovato in un parchetto sperduto in città.
Perché mai si comportava così?
Jezebel non gli rispose e se ne andò chiudendosi alle spalle la pesante porta in frassino.

Cain si sedette sul divano accanto al ragazzo con lo sguardo della sera, e a quel punto parlò.

“Ti ringrazio molto… io non so come sdebitarmi con te.”

L’altro sorrise ironicamente alzandosi dal divano e mettendosi dietro un orecchio una ciocca ribelle dei suoi capelli.

“Prima o poi lo troverai.”

E se ne andò lasciandolo da solo nel soggiorno.
Lo vide allontanarsi ed uscire dal soggiorno senza proferire parola, e a quel punto si sedette più comodamente –ma disordinatamente- sul divano.
Guardava le fiamme nel camino, e sembrava che finalmente esse potessero asciugare l’umidità che era penetrata nelle sue ossa…
Fu così che ben presto si ritrovò sdraiato sul divano con la schiena sprofondata nei cuscini lavorati mentre guardava le fiamme rossastre avviluppare i ciocchi di legno.
Quella visione conciliava il sonno.
Infatti, lo guardava ad occhi semichiusi sentendo il calore perforare fin dentro il suo animo e asciugargli la pelle e i capelli.
S’addormentò.
Jezebel ancora non era tornato, e di cento aveva qualcosa da fare se lasciava un ospite sconosciuto da solo in quella casa!

****



Era entrato in quel momento nel soggiorno, ma non aveva visto la testa del ragazzo che aveva portato con se nel suo appartamento. Si avvicinò irritato al divano e, posando con forsa la mani sulla spalliera si sporse in avanti.
Stava li. Non si era mosso, o quantomeno, non si era allontanato.
Era sdraiato placidamente sul divano nuovo che Jezebel aveva comprato per l’arredamento ottocentesco, sui cuscini lavorati dal tessuto pregiato.
Gli occhi chiusi e le labbra dischiuse dalle quali passava l’aria che inspirava ed espirava nel sonno. Le mani chiuse a pugno, una davanti al volto, posata sul cuscino, e un’altra morbida lungo il fianco.
Girò attorno al divano continuando a guardare quella dolce figura persa nel sonno finché non si ritrovò davanti al suo volto girato verso il camino e si frappose fra i due.
Gli sfiorò delicatamente i capelli… si erano asciugati grazie al calore delle fiamme.
Le sue dita passarono ad ispezionare la guancia del ragazzo dai capelli come la pece, sfiorandola leggermente solo per testarne l’autenticità. Era una visione così angelica… avrebbe volentieri rovinato quell’incantesimo!
Cain mosse leggermente le ciglia, evidentemente infastidito dal tocco estraneo. Il suo sonno cominciava a vacillare mentre le lunghe dita affusolate del proprietario di casa si spostavano sulle sue labbra rosee e dischiuse.
Si avvicinò inconsciamente vero quel volto d’angelo dormiente e non potè fare a meno di annusare il suo profumo.
Anche se era stato tanto tempo sotto la pioggia battente e si era cambiato portava ancora addosso un odore inconfondibile che Jezebel aveva definito come ‘il suo odore’.
L’aveva potuto sentire anche mentre gli era accanto in auto e aveva gia cominciato ad assaporarlo… adesso poteva averlo tutto per se a pochissima distanza, una distanza che si sarebbe anche potuta annullare!

‘Annulliamo…’

Si disse passano la mano destra sulla manica della maglietta di Cain.
Il ragazzo mugugnò spostandosi a pancia insù con un sorrisetto soddisfatto pensando di essere scampato al suo fastidio.
In quel momento anche Jezebel sorrise, ma non come il più giovane… era un sorriso malizioso ed ironico. Si appoggiò al divano con un ginocchio e poi si mise a cavalcioni senza posarsi sul ragazzo. Sopirò allungandosi a sfiorare i suoi pantaloni di tessuto con le mani, in quel momento chiuse gli occhi noncurante dello sbuffo di protesta del più piccolo che agitò il braccio come per scacciare una mosca.
Il suo profumo…
Così intenso…
Strinse con forza il tessuto dei pantaloni neri e poi fece scorrere le sue mani lungo i fianchi di Cain.
A quel punto spalancò gli occhi a rivelare due sbalordite iridi dorate.

“Cos…?!”

Nemmeno riusciva a parlare per quanto era scosso. Strappato da un sogno calmo e quieto come lo era quella casa pochi istanti prima. E da li si era ritrovato sotto quell’uomo misterioso che lo aveva portato a casa sua.
Che sciocco! Si era addormentato!

“Shh…”

Jezebel ridusse i suoi occhi del crepuscolo a due fessure mentre posava malizioso un dito sulla bocca del suo ospite per farlo tacere. Di risposta però ottenne solo l’irritazione del giovane che aggrottò maggiormente le sopracciglia intimandogli di alzarsi.

“Che diavolo fai!!! Vedi di scendere immediatamente!”

“E perché? Ti ho forse detto che dovevi scendere dal mio divano quando ti eri addormentato?!”

“Cosa centra?!”

Chiese esasperato il più giovane mentre sentiva le mani dell’altro scivolare sotto la sua maglietta.

“S… mettila.”

“Sei proprio convinto di quello che dici eh!”

Si avvicinò al volto del suo ospite, i suoi capelli biondo cenere caddero a sfiorare la maglietta del ragazzo.

“Ovvio!”

Riuscì a dire solo quello prima che il più grande prendesse a succhiargli la pelle del collo mordendola ad intervalli.
Cain cercò di spostarselo di dosso spingendolo via con le mani puntate sulle sue spalle, ma non lo allontanò di molto. L’unica reazione che provocò in Jezebel fu quella di un’irrefrenabile irritazione, lo notò quando si staccò di botto fissandolo con le sopracciglia aggrottate.

“Ma che ti è preso?!”

Azzardò esasperato il ragazzo dalle iridi del peccato.

“Niente.”

Rispose brusco alzandosi dal divano. Cain lo vide allontanarsi a grandi falcate ma non si mosse dalla posizione in cui l’aveva lasciato il proprietario di casa. Cominciò a fissare il soffitto cercando di calmare il suo respiro accelerato e si portò un braccio a coprire gli occhi.

‘Ma che mi prende…?’

Ricacciò quella domanda da dove era venuta, non aveva proprio voglia di ragionare sulle sue strane reazioni.
 
Top
°Angelrose°
view post Posted on 10/1/2008, 12:30




l'ho gia' letta tutta :lol: sono stata flash :P

chissa cosa succedera' in quel palazzo io non vedo l'ora di saperlo ^_^
 
Top
_-Liris-_
view post Posted on 10/1/2008, 16:49




grazie ^^ domani o dopodomani aggiornerò XD
 
Top
5 replies since 28/12/2007, 11:10   143 views
  Share